4 luglio 2013

124 - Altro semisconosciuto

Il 14 febbraio 1845 nasceva a Montrose, una cittadina di poche migliaia di abitanti situata nella contea scozzese di Angus, Cecil Valentine Brown, e la madre non rivelò ad alcuno chi fosse il padre del neonato. Ancora adolescente, il ragazzo cambiò il proprio nome in Cecil Valentine De Vere (che forse era il cognome del padre) e, all'età di 12 anni, si stabilì a Londra, dove apprese il gioco e prese lezioni sia da Boden che dal giocatore irlandese Francis Burden.
La prima notizia scacchistica che lo riguarda è datata 20 dicembre 1861, sul The Era , in occasione di una simultanea tenuta da Louis Paulsen. Lowenthal, che assisteva alla manifestazione, scrisse di essere rimasto impressionato dall'abilità del ragazzo "tredicenne" , il che lascrebbe credere che Cecil fosse nato nel 1848.
A 15 anni De Vere era già un abituale frequentatore del Simpson's Divan , il tempio degli scacchi londinesi, e fu in questo locale  che conobbe il reverendo MacDonnell, il quale, descrivendolo fisicamente parecchi anni dopo, lo definì "un Adone".
Nonostante i suggerimenti di parecchi giocatori rifiutò sempre di studiare la teoria delle aperture; giocava con rapidità, e si comportava con estrema correttezza. Steinitz lo ricorda come un giocatore "highly chivalrous" , che evitava di vagare con la mano sulla scacchiera prima di muovere, che non sbatteva mai i pezzi sulla casa di arrivo e che non esultava quando vinceva. I suoi modi erano estremamente gentili e tale caratteristica, unitamente alla sua notevole abilità sulla scacchiera, gli procurò ammiratori ed amici.
Verso la fine del 1865 disputò un match con Steinitz, il quale gli concedeva "Pedone e tratto" , ed il ventenne scozzese battè il futuro campione mondiale col risultato finale di 7 vittorie, 2 patte e 3 sconfitte.
L'anno seguente (1866) venne disputato il torneo "Challenge Cup" , che ancora oggi viene considerato il primo campionato ufficiale britannico, e De Vere si impose davanti ad un agguerrito campo di concorrenti. I suoi ventuno anni di età costituirono un record per un campione britannico, record che resistette per oltre un secolo, fino a quando Nigel Short vinse lo stesso titolo a 19 anni (1984). Fu in quel periodo che lo raggiunse la notizia della morte della madre, "l'unica persona che si sia presa cura di me", e la perdita lo fece sprofondare in una grave depressione. Grazie alla modesta eredità lasciatagli dalla madre decise di rinunciare all'impiego che Burden gli aveva procurato presso i Lloyds; non cercò altre occupazioni, e continuò a giocare a scacchi. Tornò in Scozia per partecipare al torneo di Dundee, città non lontana dal suo luogo di nascita, e nei momenti di pausa compì lunghe passeggiate sulle colline in compagnia del reverendo MacDonnell, il quale ebbe l'impressione che "una nuvola nera era discesa su di lui".
Nel 1867 lo troviamo al torneo internazionale di Parigi, dove si classificò al quinto posto, e a cavallo del Capodanno 1868-69 fu primo a pari merito con Blackburne al secondo campionato britannico, perdendo tuttavia il match di spareggio. Nel 1870 si iscrisse al grande torneo di Baden-Baden, sicuramente il più forte torneo europeo giocato fino ad allora, e si classificò al sesto posto, mentre al Casino - dove si giocava - giungevano gli echi delle cannonate della guerra franco-prussiana.
E' quasi certo che il senso di profonda disperazione che lo stava dominando fosse dovuto al fatto che i medici gli avevano diagnosticato la tubercolosi. Iniziò a bere in quantità sempre crescenti, e viveva grazie all'aiuto di amici scacchisti, fino a quando Boden decise di rinunciare in suo favore alla redazione della rubrica scacchistica che The Field pubblicava regolarmente; poteva essere un modesto aiuto finanziario, ma la direzione del giornale, dopo pochi mesi, decise di togliergli l'incarico (che venne poi affidato a Steinitz) a causa della sua indolenza e del continuo stato di ubriachezza.
Nel 1874 il suo stato di salute ebbe un improvviso e violento aggravamento. Camminava a fatica e mangiava pochissimo, e gli amici decisero di pagargli un soggiorno a Torquay, una rinomata località balneare del Devon, in Cornovaglia, con la speranza che la cosiddetta "frustata dell'Atlantico" potesse giovargli, ma era troppo tardi: cinque giorni prima del suo trentesimo compleanno morì, ed agli amici non rimase altro che compiangerlo in una lapide che, tuttavia, non venne mai posta sulla tomba. Steinitz, nel necrologio, ricordò la innata genialità di De Vere, purtroppo trascurata, definendolo "second to no man, living or dead". 

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